Sunday, July 6, 2003
boston university (III parte) (più corposa del precedente post)
Post di Fabrizio Venerandi sul newsgroup alt.fan.fratellibros
Main topics: OT
Author: Fabrizio Venerandi
Jonathan alzò appena appena le spalle. "Tu sai quello che fai" mi disse
soltanto, e voleva dire, tu non sei un povero coglione che scrive i
romanzetti chiuso in casa alla sera, tornato dalla sua giornata
lavorativa come ragioniere, e di notte sogna il suo nome sul cartoncino
colorato della adelphi. "Tu con le parole ci campi", ecco cosa voleva
dirmi il buon jonathan con la sua alzata di spalle, sei esattamente come
quelle canaglie, loro sono pronte ad addentarti con le loro bocche, ma
tu sei pronto a farti addentare, perché tu con le parole ci campi. E
quanti ne avevo visti di conferenzieri come me essere fatti a brani da
quei professionisti! Era -a ben vedere- una questione di razza, ogni
razza deve provvedere al mantenimento della propria specie, e
"mantenimento della propria specie" significa tenere la propria pancia
piena piena, e della stessa dimensione di quella del proprio simile.
Ecco che quando io salivo su quella pedana e aprivo la mia bocca per far
uscire le mie parole, in parte quello che stavo dicendo lo dicevo perché
ci credevo, perché era importante che io fossi lì in quel momento a dire
quelle cose, in parte perché alla fine della conferenza mi avrebbero
dato un assegno intestato al signor bonaventura, e avrei visto qualcuno
avvicinarsi e dirmi davvero un bell'intervento, e dirmi che loro a
luglio avrebbero fatto una serie di conferenze su "forme metriche in
versi e centimetri" e che avrebbero avuto caro che io andassi, rimborso
spese di viaggio, vito, alloggio e mille euro di gettone di presenza, e
io avrei detto che le forme metriche sono una mia passione personale,
che avrei partecipato volentieri. Quando campi con le tue parole, non è
più così importante quello che dici e perché, l'importante è che tu
faccia un buon lavoro e che riesca a piazzarlo in qualche cazzo di
conferenza. Mille euro di assegno per il signor bonaventura, si era
cominciato a parlare perché c'era qualcosa da dire, e così termina
l'avventura del signor bonaventura, a collaborare, a partecipare a
progetti, a leggere business plan per il lancio della nuova serie di
conferenze sulle forme metriche in versi e centimetri.
Non c'è niente di male, c'è chi per un prezzo molto minore passa la sua
vita a macellare vacche, voglio dire. Ma con le parole ci si possono
fare tante belle cose, con le vacche non lo so, forse con i maiali sì,
con le vacche non saprei dire.
Ho divagato.
Forse no, non sono sicuro di avere veramente divagato, anzi, prendiamoci
ancora un paragrafo per vedere il signor bonaventura tra questo gruppo
di persone che si godono la calda sera d'estate in un ristorante poco
sopra fiesole e ci raccontano di com'è dal vivo baricco, di come david
riondino sembra uno che ha la testa fuori dalla sua testa ma poi ti
butta giù una scaletta in due minuti e la scaletta funziona, di come è
finito culicchia e di come si era giovani quando culicchia era qualcuno,
e di come paolo nori cazzo non risponda mai alle email e manco al
telefono, e intanto il signor bonaventura beve il suo calice di vinello
bianco e pensa a quante parole vengono usate per i grandi conferenzieri,
per quelli che non finiscono nella seconda fila, hanno fatto tutta una
trasmissione con le seconde file, pensa che disastro scommettere tutto
sulla propria abilità di conferenziere e poi fare parte della seconda
fila, riempitivo su una rete locale finché si ricordano un po' della tua
faccia, ecco perché è meglio fare il macellaio, tutti i macellai sono
uguali di notte.
"Hai bisogno di un computer?" mi chiese jonathan, risvegliandomi dai
miei pensieri, e io gli risposi di sì, e di una grossa bottiglia d'acqua
mineralizzata non gassata, le bollicine secondo me scopriranno che sono
cancerose, come l'eternit. A me fanno venire il prurito sui polsi.
"Bene bene" disse il buon jonathan e camminando mi accompagnò fino ad un
aula di informatica, dove una selva di bianchi macintosh riposava con un
dolce lampeggiamento, sotto al monitor, erano in stop, bellissime perle
bianche posate su scrivanie in formica. Diavolo di uno steve jobs, un
uomo che a stento sapeva programmare il suo videoregistratore, aveva
fondato la più fica compagnia di computer.
Mi sedetti ad uno di quei cosi, schiacciai un tasto qulsiasi ovvero la
barra spaziatrice, ed osservai materializzarsi davanti ai miei occhi
l'orrendo sfondo di scrivania che recitava BOSTON UNIVERSITY in magenta
sopra una brutta scannerizzazione della pretigiosa scuola. Aprii la mia
borsa, tirai fuori il mio ciddì, lo infilai all'interno del simpatico
macintosh e iniziai a fissare jonathan che, nel frattempo, si era
piazzato a fianco dell'albionico emac ed osservava ogni mio movimento
con interessata curiosità: di jonathan forse non ho detto che aveva una
voglia a forma di mora a fianco della bocca, molto vicino alle labbra, e
un pelo nero spuntava dalla suddetta voglia, come un fiore scuro che
nasca dal letame.
"Jonathan, vorrei un po' di intimità" dissi mettendomi a braccia conserte.
"Uh. Devi pisciare?"
"No, devo scrivere, ma per me è quasi la stessa cosa" ammisi, e gli
spiegai che se mentre devo scrivere qualcuno di mi guarda ho come una
specie di blocco che non ci posso fare niente.
Jonathan non mi credette, ne ero sicuro, fece un sorriso come se gli
avessi appena confessato una vivace mancanza di erezione, ed uscì dalla
stanza, dicendo che sarebbe tornato tra un'oretta. E mi chiuse dentro,
sentii il rumore della chiave che rotola nei meccanismi -sconosciuti ed
invisibili all'occhio- della serratura.
'L'acqua bastardo' pensai deglutendo. Tutte le volte che chiedo un
bottiglia di acqua non gassata e mineralizzata, tutti se ne fottono,
come se avessi chiesto aria fresca. Chiedessi una birra alla menta si
farebbero in quattro per portarmela, ma cazzo, dell'acqua senza manco le
bollicine, non ne vale la pena.
Non è colpa loro, è nella natura dell'uomo.
Mi sedetti di fronte allo schermo e iniziai a cliccare sul ciddì per
aprire quel dannato documento: in poco tempo apparve la vuddoppia
azzurrastra per poi richiudersi inaspettatamente, e allora io ricliccai
e riapparve di nuovo la vuddoppia azzurrastra e questa volta le mie
parole italiane apparvero e una graffetta mi chiese in inglese se volevo
qualche cazzo di cosa e io dissi di no, feci un seleziona tutto e poi
cancellai, un gesto risolutivo quanto inutile il documento era in sola
lettura, è così facile rendere immortali le proprie merde.
Mi gettai contro lo schienale, quando quando, l'anno preciso, e io non
avevo fatto una ricerca che una sul quel dannato argomento, avevo due
possibilità, o collegarmi in fretta e furia a internet e cercare di
rafazzonare con copia e incolla un discorso non dico veritiero, ma per
lo meno verisimile, o inziare con tranquillità a inventarmi ogni cosa,
decidere un anno a caso e buttare giù fatti e persone come se fossero
acqua fresca, avevo una sete terribile. L'acqua bastardo jonathan.
Sbuffai, io ero un creativo, avrei inventato tutto, mi sarei preso le
mie responsabilità, avrei fatto la storia a posteriori, è una tecnica
retorica, prima si dicono delle cose, con una certa sicurezza, e poi si
creano pezze di supporto alla tesi dimostrata, citando testi di non
chiarissima fama, purtroppo semisconosciuti e conservati nelle ricche
biblioteche della nuova guinea, o nella sezione dei testi purtroppo di
non libera consultazione del British Museum di Londra, anzi di
Birningam. In casi disperati si scrivono in fretta e furia i testi,
sotto pseudonimo, e li si fa pubblicare da compiacenti case editrici che
-silenziosamente- piazzano un bel copyright 1990 in un testo del 2000 e
passa, ed ecco che il gioco è fatto, come controbattere a una
bibliografia che il conferenziere stesso scrive man mano che gli viene
richiesta da qualche studioso rompicoglioni? Così avevo fatto ad esempio
per un testo contorto, una dimostrazione che gli scrittori che ebbero il
polso fratturato in gioventù hanno una scrittura più minimalista (più
magra per dirla con quelli là, gli emiliani), rispetto a scrittori che
altri traumi magari dovettero soffrire, ma niente ai polsi delle povere
manine belle.
Il millenovecentonovantaquattro.
Ecco, avrei scelto il millenovecentonovantaquattro, mi sembrava un anno
abbastanza importante il millenovecementonovantaquattro, cosa era
successo nel millenovecentonovantaquattro, prince aveva stampato per
motivi contrattuali il black album, la apple aveva lanciato l'ultimo
powerbook duo basato su motorola 68000, e culicchia, giovane boy scout,
aveva fatto uscire per la transeuropa il suo 'jack frusciante è uscito
dal gruppo' che gli avrebbe data quella notorità internazionale, che noi
tutti conosciamo e gli avrebbe permesso anni dopo di avere un sito con
biografia inclusa che lo dipingeva come un simpatico scavezzacollo. Un
anno senza niente di importante peraltro, qualche guerra qualche milione
di gente che crepa per normali motivi per i quali di solito si crepa con
o senza stupore, qualche migliaio di opere inedite che diventano edite,
vacche che vengono macellate, formiche e termiti che costruiscono e
scavano legno o pane in luoghi di villeggiatura, e gente che scopa, nei
ritagli di tempo, dal primo gennaio al trentun dicembre, scopa o si fa
delle seghe, comunque muove culo o cazzo, se maschio si intende e questa
era l'umanità del 1994, così diversa da tutto il resto e proprio questo
enorme millenovecentonovantaquattro di cui io non ricordo un fico secco,
non c'è stato neppure un avvenimento memorabile nella mia vita in
quell'anno, dicevo, proprio il millenovecentonovantaquattro, mi sembrò
un anno abbastanza anonimo da giustificare la rottura del rapporto tra
uomo e computer, quella laica alleanza tra il microprocessore e quella
sorta di tenera carnina che teniamo a mollo in una (fragilotta) scatola
d'osso e che ci portiamo sconsideratamente in giro a prendere colpi,
magari girando su mezzi di trasporto che vanno a centotrenta chilometri
all'ora, che pazzia, manco fosse un portatile, io ho conosciuto una
ragazza, si fa per dire, che stava sempre in casa e girava in casa con
un casco, quello per le moto, perché aveva paura che si creassero delle
infiltrazioni nell'osso della sua testa e gli uscisse il liquido
amniotico in cui il cervello è immerso e poi morisse, e diceva cazzo il
cervello è l'unica cosa che mi distingue dalla roba che mi faccio
portare dalla macelleria, e io dovrei portarlo per la strada a farlo
sbattere contro qualcosa ma mi avete preso per cretina, e non era tanto
bella poverina, ma non so se sia ancora viva, guardava molta
televisione, non abbastanza si vede, ed era sempre allegra perché
pensava che piangere portasse alla morte perché dagli occhi colava via
il liquido amniotico in cui galleggia il cervello e quindi aveva questa
idea che se avesse pianto tanto prima o poi sarebbe morta, perché
sarebbe finito il liquido amniotico, non so come si chiami, non credo
che sia chiami veramente liquido amniotico.
"Acqua acqua jonathan" dissi a voce alta, nel silenzio rotto dal ronzare
lento della ventola dell'educational macintosh, tutto questo ricordare
fonti d'acqua mi aveva messo una sete terribile.
Iniziai a scrivere allora, e intitolai il mio discorso, dannatamente
breve, la rottura della laica alleanza, mi inventai un po' di cose, e
feci il mio lavoro con santa professionalità, non me lo regalano lo
stipendio.
Stavo correggendo la cosa più creativa della mia scrittura, parlo degli
errori di battitura, mi definisco poeta solo per quelli, quando sentii
la chiave che rigirava nella toppa della porta ed apparve allora il
cranio calvo di jonathan questa volta senza nessun sorriso e stava lì
mettendo la pancia in avanti e tenendo il peso del suo corpo spostato
all'indietro, aveva il peletto della sua voglia che era fermo e dritto
come una antenna in erezione tattile, e guardava un punto proprio dietro
di me, tanto che mi girai giusto per vedere il bianco intonaco delle
pareti della boston university che racchiudevano dentro di sé (parlo
delle pareti) il futuro americano subito fuori, e la sua terribile umanità.
"Ho quasi finito jonathan" dissi perplesso, ma fu come se le mie parole
fossero solo delle scorregge della bocca, dei suoni senza significato.
Il viso del mio vecchio collega era perso nel vuoto, e non dico lo
sguardo, dico proprio il viso, la faccia, che galleggiava nell'aria
sopra il resto del suo corpo senza energia.
Poi, all'improvviso si girò verso di me, come se si fosse ricordato solo
in quel momento che mi aveva aperto la porta e che gli stavo di fronte,
mollemente adagiato sulla poltroncina.
"Hanno ammazzato david crane" disse fissandomi negli occhi.
"Quello di pitfall" aggiunse, per timore che finissimo nella solita
confusione nomistica.
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