Sunday, June 15, 2003
boston university (incipit)
Post di Fabrizio Venerandi sul newsgroup alt.fan.fratellibros
Main topics: OT
Author: Fabrizio Venerandi
è caldo, sono a casa da solo a scrivere e studiare: vi posto l'inizio di
un racconto che sto scrivendo per un libriccino che sto provando a
scrivere intitolato 'quando culicchia era qualcuno', insomma tra un
bagno e l'altro spero vi raffreschi anche un po' lo spirito
tecnicamente il racconto è stato scritto con la copia *registrata* di
lightway text, adorabili giapponesine.
***
Boston University
Mentre guidavo per le strade di Philadelphia un solo pensiero
attraversava la mia testa, avanti ed indietro, e poi ancora avanti e poi
di nuovo indietro e poi ancora avanti e indietro, ricorsivamente,
indietro ed avanti sembrava quasi fare rumore tanto stantuffava
fastidiosamente : avrei trovato parcheggio presso la famosa Boston
University, oppure avrei dovuto lasciare la mia auto in qualche
parcheggio a pagamento incostudito, per tutta la durata della mia
relazione, punto interrogativo, questo era il dannato pensiero che mi
riempiva la testa, e questa cosa del parcheggio a pagamento mi
terrorizzava perché avrebbe significato mettermi in relazione con
bigliettini, macchinette inghiotti-dollari e rimembraza di numeri e
lettere per poi ritrovare al ritorno il luogo in cui la vecchia cara
zigomobile che si sarebbe riposata scaldandosi come un forno al sole
equatoriale di questo dannato agosto americano.
Un forno acceso, intendo, lasciato sotto il sole di questo agosto eccetera.
Elettrico, un forno elettrico acceso lasciato eccetera.
Ero stato chiamato dalla prestigiosa Boston University per tenere un
intervento durante un convegno di 'programmazione ecologica', e il
titolo del mio intervento era: "perché? perché i computer, da oggetti di
meraviglia che erano, hanno iniziato a cagare così tanto il cazzo?",
titolo breve e conciso che mi era stato mollato per le mie splendenti
lauree di tassidermia informatica, vedi cosa succede a scegliere la
facoltà giusta al momento giusto.
E così guidavo lentamente, sotto un sole assolato, dirigendomi verso
questa Boston University che, a dispetto del nome, si trovava al centro
di Philadelphia, la città del famoso film.
"Dollaroni, mucchi di dollaroni" mi aveva detto Jonathan per convincermi
a mollare il mio ufficio dell'entroterra emiliano, prendere un volo
charter della ryan-air, atterrare massacrato dal sonno e dalle zanzare,
nell'aereoporto di Winnerville, piccolo ma fiorente porto minerario del
nord dakota, e da lì salire su di una specie di torpedone versione base
(leggasi: senza aria condizionata) per affrontare l'immane viaggio
Winnerville-Philadelphia, con qualche rara fermata per pisciare in
grossi campi di granturco. Mangiare si mangiava a bordo, una ragazza
bassa e brufolosa distribuiva due volte al giorno degli aulenti panini
con dentro la mortadella, per la disperazione di due viaggiatori
iraniani dalla pelle olivastra che non potevano mangiare pane, erano
allergici ai farinacei.
A philadelphia avrei trovata la mia zigomobile, giunta via mare per
risparmiare, su di un cargo che trasportava derivati del pongo, per una
ditta di giocattoli. Un armatore amico era riuscito a ficcarci dentro
anche la mia povera zigomobile ad un prezzo che lui definì ridicolo,
forse riferendosi al suo ghigno nell'intascare il mio assegno.
Dollaroni quindi dollaroni pensavo ingranando la marcia, ma mentivo a me
stesso, non erano certo i soldi ad avermi spinto a quel viaggio biblico,
nella bibbia si viaggia spesso pare.
Era stato dopo, quando il buon vecchio jonathan si era messo ad elencare
gli altri partecipanti al congresso, e -messo in mezzo come una fettina
di mortadella in un panino- c'era david crane, voglio dire david crane,
non il produttore della famosa serie per borghesi bianchi friends, ma il
meno famoso programmatore di videogiochi degli anni '80, david crane
cazzo david crane.
"Ma *quel* david crane?" avevo chiesto tradendo forse un brivido nella
voce.
"No, non quello di friends" aveva risposto jonathan misinterpretando
l'oggetto dei miei desideri.
"Prendo la giacca e esco" avevo detto allora senza pensarci due volte,
ed ero uscito senza nemmeno pensare alla giacca.
David crane! Autore di autentici capolavori come piftall I e pitfall
II, dove il povero harry pitfall deve attraversare laghi pieni di
coccodrilli, scale infinite, liane semimoventi, rapaci assassini,
scorpioni giganti, per cosa poi, per luccicanti pezzi d'oro.
'Non solo questo venerandi, non solo questo' aggiunsi subito c'era altro
da dire.
'Per la verità'.
Ecco la risposta, per la verità.
Harry pitfall girava per questi insalubri luoghi dell'immaginazione per
trovare la verità, la sua era la sete della conoscenza, non certo la
brama di possesso. Pochi avevano capito l'arte dello Crane, questa
ampia allegoria della sapienza e della bestialità dell'uomo e della
natura. Perché harry pitfall non esplora luoghi inaccessibili ed
inesporati, in pifall I magari sì, un pochino sì, ma pitfall I è solo un
momento preparatorio di quello che sarà il capolavoro filosofico di
david crane, pitfall I è un po' per david crane quello che "de civitate
inferos" era stato per dante, o "siepetta che mi togli l'orizzonte" per
il leopardi. Brevi istanti di lucità del capolavoro ancora a venire.
Così era stato per
(per ora sono arrivato fin qui: larghi spazi, panoramiche, silenzio
degli elementi: da questo poche cose nasce un capolavoro).
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