Tuesday, October 1, 2002
io cecilia e il retrocomputing
Post di Fabrizio Venerandi sul newsgroup it.comp.macintosh
Main topics: OT
Author: Fabrizio Venerandi
"io ce e il retrocomputing"
Torno a casa e trovo Cecilia e niccolotto
che mi aspettano in ingresso con un sorriso stampato nel viso e mi
dicono "buontornato!" e io rimango con la borsa in una mano e la
maniglia della porta di casa nell'altra e dal sorriso che hanno mi
aspetto di vederli tirare fuori un coltello da dietro la schiena e
iniziare ad accoltellarmi, ho questo flash di vita vissuta, forse in una
vita precedente ero agamennone, vallo a sapere maledetti buddisti. "Hu"
rispondo io. "Hanno spostato il mio compleanno di due mesi?" chiedo, e
Cecilia dice di no, ma che ha per me un regalo. "Il tuo regalo di
natale!" aggiunge facendo gli occhi sfavillanti, e io penso che il mio
compleanno era più vicino, cazzo siamo a settembre, sono nato a giugno,
lo sapete. In breve: mi portano davanti alla scrivania e sulla scrivania
e al posto dell'imac arancione, mio fido compagno di battaglie, c'è un
lenzuolo che copre forme inusitate e capisco che non può esserci l'imac
sotto perchè è tutto più grosso, strano, e io penso vuoi vedere che
questa canaglietta mi ha comprato l'imac nuovo quello bianco della apple
iperfico, oppure l'emac abbastanza iperfico anche quello, ma dove li ha
presi i soldi che abbiamo 2700 euro di debiti con muratore, ah il
muratore, mi si stringe il cuore al solo pensiero. "Sei pronto?" mi
chede cecilia. "Non credo -le rispondo- ma andiamo avanti" Niccolotto
non capisce niente ma sorride e fa cose non utili per l'andamento della
narrazione, tipo prendere dei libri, lasciamo stare niccolotto alle sue
cose da unenne. Cecilia afferra il lembo del lenzuolo ed esclama "la
parola chiave è retrocomputing!", e tira il lembo del lenzuolo e sotto
c'è una cosa strana che dopo qualche secondo la riconosco: è un duo con
tanto di duo dock e io dico cazzarola un duo con tanto di duo dock e qui
apriamo una parentesi. il duo era un portatile della metà degli anni
novanta del secolo scorso, un colpo di genio della apple, tu andavi in
giro con il tuo portatile duo e quando tornavi a casa o in ufficio, ci
trovavi il duo dock, che era una specie di computer da tavolo, ma finto,
dentro era vuoto, c'era un buco tipo videocassette e tu dentro questo
buco ci mettevi il portatile duo e il duo dock si mangiava il portatile
duo così diventava il computer da tavolo, una figata all'epoca, costava
quanto tua figlia, una cosa da ricchi, adesso non ci fai niente è
lentissimo. "Cazzo cecilia è un duo con tanto di duo dock ma dove lo hai
beccato?" e lei mi risponde di non precoccuparmi che l'ha fatto per me
per la mia attività di scrittore, così posso scrivere nella pausa pranzo
i miei romanzi, visto che il 165c cassa da morto bruciacchia, che non ha
speso niente, che un suo parente lo teneva chiuso in un armadio eccetera,
e io penso che bel pensierino, poi sento odore di bruciato, ma non odore
di bruciato vero, odore di bruciato virtuale, e inizio a guardarmi
attorno e sono circondato dalla mia solita casa, gli oggetti negli
stessi posti. "Ma scusa -le chiedo- l'imac arancione dove lo hai messo?"
e lei fa la faccia stupita, come se le chiedessi una cosa davvero buffa.
"Venduto!" fa lei mi dice che con 2700 euro di debito con muratore non
ci potevamo permettere un imac e che 500 euro adesso ci fanno davvero
comodo, e io prendo la sedia e mi siedo, mi passo una mano davanti al
volto, e penso a tutte le ore belle passate davanti all'imac arancione,
alle macchie che aveva sul case, la cenere di sigaretta di cecilia tra
un tasto e l'altro, il ronzio eterno dell'hard disk e una lacrimuccia mi
spunta dal bordo di uno dei due occhi, e dico meschino l'uomo e le sue
vanità mortali. Quando cecilia mi vede così mi dice di non fare quella
faccia, che in fondo per due come noi che scriviamo e basta due computer
vecchi vanno benissimo e così lei finirà la sua tesi di laurea sul duo
che va benissimo lo stesso. "Come sul duo?" chiedo io alzando la testa.
"Ma non era un regalo per me?" "Regalo di natale. L'ho anche specificato.
A natale infatti sarà tuo, ma per ora lo uso io per fare la mia tesi di
laurea". Diavolo d'una donna, ha pensato a tutto. "E io? E la mia
attività di scrittore?" chiedo rialzandomi in piedi e agitando le mani,
e lei mi risponde che da qualche parte ho ancora l'elleccì, e poi c'è
cassa da morto, per ora posso usare quei due lì. "Cecilia l'ellecì è il
mio primo computer di quando ero ragazzino e mi facevo le seghette, ha
dodici anni suonati ed è incredibile che funzioni ancora è in una
cantina umida abbandonato da cinque anni. Cassa da morto, ti ricordo, è
morto" Cecilia allora sorride e mi prende per mano e mi porta in cucina
e anche in cucina c'è un lenzuolo che copre una cosa che intuisco essere
il cassa da morto e infatti cecilia esclama il futuro è il
retrocomputing!, e sotto il lenzuolo c'è il 165c e cecilia dice che mio
padre l'ha aggiustato. "E come ha fatto?" chiedo io sospettoso, dove
cavolo ha trovato i componenti per un portatile del 1992? "Saldature"
risponde cecilia biblica, e da come lo dice capisco che non sa cosa
siano. Mi siedo e accendo il 165c e in effetti funziona, non puzza più
di bruciato e mi metto a scrivere un pezzo di racconto, tanto per vedere
se va tutto bene, e dopo una paginetta in cui si racconta dello
scimmiotto che cade in una pozzanghera e rischia di annegare, mi accorgo
che sono le undici di sera, che sto scrivendo da cinque ore. "Cazzo come
passa il tempo!" esclamo e alzo la testa e vedo che c'è il sole e
Cecilia è lì vicino che sta colando il tè. "Ma non sono le undici di
sera?" chiedo alla mia compagna che mi risponde chiedendomi se soffro di
diabete, i nostri dialoghi sono così, non ci comprendiamo appieno, siamo
carichi di sottintesi. Riabbasso la testa verso cassa da morto e vedo
che sono le sette del mattino del 14 luglio del 1945, e dopo un attimo
sono le 20 e 20 del 19 gennaio del 2020. "Uh, welles" penso. Indico lo
schermo a Cecilia che vede l'andirivieni di date e ore e subito prende
un foglio e inizia a segnarsi tutte le date e le ore che sbucano fuori.
"Fai una statistica?" chiedo preplesso. "Zitto stupido. Sono segnali.
Qualcuno ci sta mandando dei messaggi" "Mh. Dici che siano cifre da cui
trarre delle coordinate stellari? Magari sono messaggeri alieni?" "Sono
numeri del lotto cretino" e mi rimprovera che ho sempre la testa tra le
nuvole, che devo pensare al mutuo e al debito col muratore, povero
nostro figlio.
Cecilia segna tutto, poi rilegge e le sembra strano che
nessun numero superi il 60, mentre il lotto ha 90 numeri e io sto zitto,
cerco con gli occhi niccolotto che si è seduto e ci guarda con gli occhi
imbambolati. Il testo del mio racconto, nel frattempo, è diventato verde
e poi l'applicazione si è chiusa inaspettatamente.
--
http://www.fabrizio.venerandi.org