Wednesday, August 21, 2002
io il powerbook 165c e la croazia
Post di Fabrizio Venerandi sul newsgroup it.comp.macintosh
Main topics: OT
Author: Fabrizio Venerandi
La prima parola che imparo di croato è saldiranje che vuol dire
saldatura, e poi imparo la parola elektrican che vuol dire elettrico e
la parola zica che vuol dire filo e infine la parola bara che vuol dire
stagno, e se mettete assieme la parola saldatura, con la parola stagno
con la parola filo elettrico capirete che mi si è spaccato lo spinotto
dell'apple powerbook 165c, e sono in una isoletta della croazia dove non
c'è niente l'unico negozio vende pezzi di pane e il titolare ha dei
problemi di pronuncia.
"Cazzo cecilia si è rotto lo spinotto del powerbook" dico e alzo la
testa e mi accorgo che davanti a me ci sono due bambine.
"Ciao" mi dicono.
"Ciao" dico io sospettoso. "Chi siete?" aggiungo, stringendo a me il
powerbook.
Le due bambine si guardano e sospirano.
"Siamo marta e chiara, il nostro nome è di fantasia, e siamo le tue
nipoti. Hai appena fatto con noi cinquecento chilometri per raggiungere
Ancona e poi ti sei imbarcato con noi e hai raggiunto un isoletta detta
otoc che vuol dire isola dove sei stato accolto da tua suocera, tuo
figlio la tua amata compagna" mi rispondono in coro.
"In tutto questo viaggio -aggiunge la più piccola- non hai mai alzato la
testa dal tuo computerino, dicendo che dovevi finire un romanzo di una
scimmia".
"Scimmiotto" preciso, aggrappato al mio powerbook.
Mi guardo attorno e mi rendo conto che sono in spiaggia e che ci sono
40 gradi all'ombra, un sole terribile, dell'acqua fredda che mi
circonda, un cielo cobalto che riluce facendomi male agli occhi.
'L'inferno' penso, l'inferno ecco dove sono finito. Le due bambine
intanto sono tornate sul bagnasciuga a giocare con un secchiello.
Osservo lo spinotto, era già stato ricostruito da mio padre, e adesso si
è del tutto staccato, mi serve un saldatore e dello stagno, e anche un
piccolo pezzo di filo, non credo che sia tanto difficile da trovare. Ma
prima mi servono altre informazioni, tipo dove è finita cecilia, come si
dice 'piccolo problema' in croato, che religione usa adesso in croazia,
e se era qui che c'era stata una guerra.
Il primo passo è diventare amico delle mie nipotine.
"Hei bimbe che fate, giocate con il secchiello?" chiedo io socchiudendo
gli occhi per la luce.
Marta e Chiara si girano verso di me.
"Stiamo costruendo un ecosistema marino" mi riponde la più piccola, e io
penso me la sono cercata.
La più grande scuota le testa producendo commiserazione nei miei
confronti e mi dice che è meglio se torno a giochicchiare con il mio
computer, sono più simpatico quando batto quei tasti.
"A questo proposito ho un problema" ammetto. "Mi si è rotto lo
spinotto".
Marta e Chiara si girano le une verso le altre e sorridono. "Siamo
felici" mi dicono in coro e tornano al loro secchiello. La più piccola
però si gira ancora verso di me e alzando un ditino mi accusa "Non è
bello avere uno zio che sta sempre davanti al computer".
'Lo dicevano sempre anche a Dumas' penso io, maledette dissipatrici.
"Ci sono zii che giocano con le nipoti, e zii che prendono il nobel"
dico io rabbioso alzandomi in piedi.
"E poi ci sei tu" aggiunge la grande, giocatrice di fioretto.
Nipoti di tanta zia penso.
"Dove è cecilia" chiedo alla fine e loro mi indicano un puntino nel
mezzo del mare.
"Uh. E niccolò?"
"Con la nonna"
"E dove è la nonna?" e finalmente le due jene mi indicano una casetta
sulla cui terrazza vedo la generalessa con mio figlio. Corro a quattro
palmenti.
Raggiungo la terrazza e la generalessa è sdraiata a farsi cuocere dal
sole. Il Niccolotto ruzzola attorno muovendo una nave e facendo il verso
del treno, la solita dislessia concettuale, tutto la mamma. Appena mio
figlio mi vede e si accorge che il portatilino è spento sorride e mi
porge la nave, ma io la prendo e la faccio affondare in un catino di
acqua lì vicino, non è certo il momento per giocare, e il niccolotto
piange, così la generalessa apre gli occhi.
"Oh -esclama- mio cognato ha alzato la testa da quel dannato computer
per vedere questo paradiso" e indica il sole affocato, e quell'acqua
diaccia che ci circonda.
"L'inferno" replico io strindberghiano, e le spiego che si è rotto lo
spinotto del powerbook.
"Mi serve un elettricista" e vedo che la generalessa scoppia a ridere, è
proprio contenta e anche io rido, non so perché, forse in croazia usa, e
invece vengo a sapere che l'elettricista più vicino è sulla terraferma,
a zadar, otto ore di viaggio in traghetto. "Su quest'isola -continua la
generalessa- vendono solo pane e yogurt".
"Sono conduttori?" faccio speranzoso.
"Non credo".
Decido di fare da me, prendo spinotto, portatilino e vocabolario e vado
all'unico negozio del luogo.
Appena entro un vecchietto mette sul bancone un pezzo di pane e io dico,
no no, faccio anche no no con la testa è universale. Allora lui con una
lentezza esasperante toglie il pane e ci mette un barattolo di yogurt, e
io di nuovo faccio no no, e allora lui toglie lo yogurt e ci mette un
pacchetto di zucchero, e io sto per dire no no, ma mi rendo conto che
con questo metodo le possibilità che il vecchietto metta sul bancone un
saldatore siano abbastanza scarse allora apro il vocablarietto e dico
'elektrican', e quello mi guarda senza capire, si avvicina ad una delle
pareti e accende la luce e mi fissa con aria interrogativa, io scuoto la
testa e dico 'saldiranje' e scuote lui la testa, se la gratta, non
capisce, allora io dico 'bara' e lui mi fissa stupito poi apre una
porticina laterale e mi fa segno di seguirlo e io lo seguo e finiamo in
un sentiero che costeggia il mare e sulla strada incontro anche le due
nipotine che stanno passeggiando secchiello alla mano e che decidono di
seguirmi, sono curiose di vedere loro zio che passeggia con un
vecchietto croato e ridacchiano lanciandosi frasi sibilanti, e dopo
qualche curva, ci infiliamo in un boschetto e poco dopo siamo tutti e
tre di fronte ad una pozza di acqua puzzolente e il vecchietto sorride e
la indica.
Io guardo il vecchio e penso che il sole croato è micidiale.
"Un altro ecosistema?" chiedo al vecchio grattandomi il mento.
"Ma perché zio ti sei fatto portare davanti a uno stagno?" chiede la più
piccola e io ho come una folgorazione non elettrica, e capisco che è
meglio leggere tutte le voci del vocabolario e trovo infatti stagno
(metallo) che è diverso da stagno (pozzanghera lagunosa) e quello che
serve a me è il metallo e si dice kositer e lo dico al vecchio che mi
guarda negli occhi per un attimo e poi dice una parola in italiano che
non posso riferire e se ne va, imprecando nel suo strano idioma.
"Conoscono bene l'italiano qua!" esclama la cuginetta più piccola
ridendo e io dico di non raccontare questa cosa alla zietta che non è il
caso e le riporto a casa.
La sera sono distrutto. Cecilia ride beata circondata dal mare, dalle
creme lozione protettive, dal niccolotto che gira pisello al vento e io
sono tormentato da invisibili zanzare, e soprattutto dalle nipotine che
vedendomi libero da impegni mi assillano con insulsi giochetti di carte
e soprattutto con una lamentevole "ziiio facciamo il bagno?" ogni dieci
minuti.
"Zitte, non vedete che soffro" e sfioro il powerbook che dorme
silenzioso.
E rimango così tutta la sera, a guardare cassa da morto e a pensare
quante cose potrei fare se fosse accesso e impreco contro quel popolo di
pescatori che non hanno neanche un elettricista è una cosa incredibile,
io a genova ho la fnac e posso andare a pensare di comprarmi un prodotto
macintosh e loro tutto quello che possono fare è intessere i loro fili
delle reti da pesca e poi dire dobrodan che vuol dire buongiorno, e lo
dicono tutti i giorni, e io penso che in quei posti il tempo non passa
deve essere tutto identico per sempre.
Invece mica tanto, infatti le automobili vanno in giro senza targa
perché sulla targa c'era il simbolo della yugoslavia, e loro adesso sono
croati, insomma ti senti anche in colpa a pisciare nel loro mare, a
spendere le loro kune, profittando che ora sono un popolo libero con il
cambio debole, ma poi vaffanculo chi se ne frega, e mi addormento con il
powerbook sul petto, freddo come un pesce.
Alla mattina mi alzo, sono già tutti svegli che fanno colazione e sento
puzza di cadavere, cerco con gli occhi niccolò che non è lui lui sta
benissimo, e io giro a cercare cosa è quella cosa che puzza di merda e
la trovo alla fine, è il secchiello.
"Bimbe il vostro ecosistema puzza di morte" dico alle due tipe, che per
tutta risposta si fanno un segno della croce e riprendono a spalmare il
burro sul pane e marmellata.
La generalessa però è dalla mia parte dice alle bambine di buttare
quella roba in mare e anche cecilia è d'accordo con me, tranne le
bambine che dicono che gli fa schifo che è meglio buttare via il
secchiello. "Ci penso io" dico, tanto ormai non ho più niente da fare e
allora butto via quella poltiglia che chissà cosa era, e lavo il
secchiello, e la generalessa per ricompensa mi dice che -ah dimenticava-
ha trovato un elettricista.
La osservo e penso che alla fine il matrimonio ha un senso, poi ricordo
che non sono sposato e magari potrei anche andare in nozze, un powerbook
val bene la spesa.
In breve: la generalessa mi molla di fronte ad una casa contadina e
scappa via in automobile verso la spiaggia e io resto a sentire il
frinire dei grilli, sistri d'argento o scricchi di cicale, per dirla con
il poeta, non ricordo quale, uno morto comunque. C'è caldo, non si sente
un rumore, il cielo, sempre sprotetto dalle nubi, affoca l'asfalto crato
con quel suo dannato colore cobalto e io sudo, alimentatore in mano e
spinotto nell'altra.
Busso e mi appare un pescatore con la barba e io dico saldiranje e
quello scuote la testa, non capisce, e io dico elektrican e lui scuote
la testa, e allora, memore delle esperienze del passato, lascio perdere
lo stagno e gli mostro lo spinotto rotto e lui si illumina e mi dice
cose che non capisco e mi trascina dentro. "Elektrizisten" dice e si
batte il petto, e poi mi spinge in una stanza da cui esce un vapore
giallognolo. Mi ritrovo in una buia cucina contadina dove una vecchia
donna sta bollendo del pesce. Il pescatore con la barba guarda lo
spinotto, con curiosità e io cerco di dirgli che il filo più lungo era
attaccato sopra e l'altro sotto, ma c'è un buio pesto non si vede
niente, e lui scuote la testa e tira fuori da sotto il tavolo una
bottiglia di vino e me a porge e poi riempie un bicchiere di vino per
me, uno per lui, e dice una parola che sembra allegra e beve tutto e io
per simpatia lo imito, ma prevedo la tragedia. Poi tira fuori un
saldatore stile tito e io penso grazie signore grazie, e tira fuori lo
stagno e io penso sì grazie signore grazie, e tira fuori anche un
vecchio filo elettrico mezzo marcio e io dico grazie grazie è vecchio ma
grazie lo stesso grazie e poi tira fuori un frattone per rasare i muri
e io penso cazzo.
Poi capisco che vuole usare il frattone come piano di lavoro e io tevo
tenerlo dritto perché c'è la maniglia e insomma, si lavora un po' alla
carlona e cerco di vedere che non inverta i fili, ma c'è buio davvero
non capisco come faccia, e appena ha finito tutto, con dello scotch
isolante che sbuca dall'oscurità, lega strettamente ogni cosa, insomma
mi fa un lavorino con i fiocchi, tiene gli occhi attaccati al saldatore
perché non si vede niente, poveraccio, è buio pesto.
Alla fine di tutto sorride e accende la luce e io penso che i croati
soffrano davvero il clima.
Arrivo a casa di corsa, attacco il powerbook e premo un pulsante e
mentre aspetto che si avvii si sente un buon odore di caffé tostato e io
dico "anche io cecilia una tazza!", un caffè è quello che ci vuole, ma
mi giro e vedo che le piastre elettriche sono tutte spente e che cecilia
sta cambiando il niccolò e tiene un pannolino merdoso in mano con aria
interrogativa.
"Vuoi una tazza di merda?" mi chiede e io annuso e sento in effetti la
puzza del niccolotto, ma sovrastata dall'odore di caffè tostato, e
annuso ancora e capisco che l'odore di caffé non viene dalle piastre
elettriche, ma dal mio powerbook e io dico cazzo cazzo e stacco tutto,
poi tolgo lo scotch e sotto vedo che il croato ha invertito i fili, sia
dannato, e le due nipotine che hanno osservato tutto sorridono e mi
chiedono, allora visto che non funziona lo facciamo il bagno e io penso
che piuttosto mi affogo nel loro ecosistema, ecco perché si chiama bara.
Tornare dal pescatore non se ne parla, strappo i fili e li fisso, poi
osservo le piastre elettriche e decido che in fondo una piastra
elettrica è un grosso saldatore e recuperando lo stagno che è rimasto
rappreso sui fili potrei riuscire a risaldare tutto all'indritta, e
accendo la piastra, faccio diventare rovente il metallo e poi -tenendo i
fili con le dita- li avvicino a questo grosso saldatore e capisco subito
perché i saldatori li fanno piccolini. Comunque riesco ad attaccare i
fili all'indritta, e perdo completamente le impronte digitali delle due
falangi dei diti indici, alla faccia di bossi.
Attacco tutto, incrocio le dita che mi sono rimaste e il powerbook parte
e io dico 'evviva' me lo metto sulle gambe, e dopo l'avvio inizio a
scrivere lo scimmiotto che deve salire su di un grosso albero sulla cui
cima c'è una scimmiotta, è una scena di sesso, ma dopo quei quindici
minuti di gioia inizio a sentire un bel caldino alle gambe e noto che
una zona del powerbook, di solito ben temperata, sta diventando rovente
e io penso che niente passa senza danno, siamo esseri mortali e noto
anche che in venti minuti la batteria è sempre scarica a metà, non si
sta caricando e io dico, meglio toglierla, magari è quella, e appena la
stacco il computer si spegne.
Per chi non è esperto di computer aggiungo una nota tecnica: non si
dovrebbe spegnere.
Insomma la faccio breve, fa cose strane, si è rotto l'alimentatore e io
lo guardo come una cosa abbandonata e subito dimenticata.
"Ce, ho bisogno di un ibook" dico alla mia compagna, dove per ibook
intendo il portatile nuovo della apple costo 1600 euro la versione più
scarsa.
Cecilia mi guarda, stringe il niccolotto e chiede se non è riparabile e
io alzo le spalle e dico che anche se lo fosse, quel powerbook non vale
la spesa, insomma è un computer che funziona ma è meglio buttarlo via e
comprarne uno nuovo, ha dieci anni, e cecilia si fa pensierosa, guarda
fuori la luna croata che -come ogni sera- risale nel cielo a mostrarci
della luce riflessa, e poi si mette a parlare a niccolotto, cecilia
dico, non la luna, maledetta sintassi.
"Vedi niccolotto, un tempo la gente comprava le cose e quando si
rompevano le faceva riparare. Poi questo periodo felice è finito e la
gente comprava le cose e quando si rompevano le buttava via. Ma anche
questo periodo è terminato, adesso la gente compra le cose e le butta
via che ancora funzionano" e niccolotto beato sorride e si addormenta,
ormai è l'ora.
"Tutto questo per dirmi che non vuoi comprarmi l'ibook?" chiedo e lei mi
spiega che no, vuol dire che lei vuole comprarsi un telefonino nuovo ma
non sa perché.
E osserva anche lei la luce della luna che che si riflette specchiata
nel mare notturno.
"L'ibook comunque te lo togli dalla testa!" aggiunge dopo un minuto,
mostrando il pugno, e io penso beata donna se non ci fosse lei.
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